La lola
La Lola (Asilo parte 2^)
In relazione alle fuitine del "bocia danà" dall'asilo infantile, devo precisare che le guardiane era tre. Una era Neta 'd Talap (Annetta Riccardino ved. Tinetti) che abitava nella casa al fondo di Via all'asilo, in adiacenza al portico del pozzo di piazza non più esistente (demolito negli anni '60). Era legata ai fratelli Pavetto per una profonda amicizia e per la comunanza di idee politiche; era rimasta sola dopo che i fratelli erano emigrati in America ed era solita sedersi davanti all'uscio di casa sferruzzando e con un occhio a quanto succedeva nell'incrocio delle tre strade di piazza. Quando avveniva il misfatto, il bocia veniva immancabilmente intercettato e bonariamente rimbrottato: "Cit! Ven sì! A vanta nen che ta scape! Sa, pia ën biscutin.". Contemporaneamente arrivava svolazzando suor Valeria a recuperare il fedifrago e riaccompagnarlo per le orecchie all'ovile. L'altra era Tugneta dij Pei, vedova anch'essa, che abitava di fronte e, dalla postazione sul balcone del solaio, dava la voce: "Al cit dal masuer a lè turna scapà!". Questa era una vecchietta simpatica e che viveva modestamente raccogliendo e commerciando in pelli di coniglio e di talpe, che mettava a essicare appese nel solaio e riempite di paglia. Il motivo delle fughe era, fra l'altro, determinato dalla curiosità di assistere ai lavori di cubettatura che venivano eseguiti in doghe parallele dagli "sternighin" in via Montiglio (ora Via Risorgimento), in via S. Maria e di ascoltare le storielle e le matarane che raccontavano Matè 'd Massè, Fiorenso 'd la Villa e da Gianetu 'd Buleng, bravissimi selciatori che hanno operato a Romano per parecchi anni. Ma soprattutto era l'attesa di ascoltare l'armonia che produceva la battitura della pavimentazione appena ultimata con il "piston" (il mazzapicco): Matè dava il ritmo e gli altri, alternativamente, a seguire...tic..tic e tic..toc .... La terza era la Lola: una cagnetta volpina che il bocia danà, appena arrivato dal Veneto, aveva ostinatamente recuperata da Bepi Munaro e che era diventata il cane da guardia di Cà 'd Pavat. Era una cagnolina affettuosa e di una intelligenza impressionante, con doti di inseguimento eccezionali; quando era in atto l'ennesima fuitina si piazzava scodinzolando davanti alle due vie di fuga possibili: il portone su via S. Maria o il cancello che dava accesso alle vigne dietro casa. Abbaiando attirava l'attenzione e, non appena liberata, prendeva la direzione di fuga intrapresa dal fuggitivo fino a destinazione. Era la guida di mamma Santina. Naturalmente, al ritorno verso casa, la reprimenda era scontata ... ossia "culo caldo"! Quando Barba Giò, il figlio maggiore del mezzadro, decise di prendere da barba Rico 'd Masnac, cognato dei padroni, una coppia di "lepri belga" avvenne che nella notte il maschio riuscì a scappare dalla gabbia e a "improntire" tutte le coniglie lasciate libere a scorrazzare per il cortile. In men che non si dica nel cortile di Casa Pavetto c'erano conigli dappertutto! Dato lo scontato furore di papà Bepi, barba Giò, che in quel tempo lavorava alla Soi di Ivrea, pensò bene, per risolvere il problema, di commerciare detti conigli in fabbrica: tutte le sere, dopo il lavoro, doveva inseguire, acchiappare, macellare, spellare e pulire 4 o 5 conigli. Siccome per tale impresa occorreva tempo, soprattutto per acchiappare le bestioline, il bocia danà aveva raggiunto un accordo con il fratello: avrebbe procurato il numero di conigli per la sera in base a quelli ordinatogli il giorno prima in cambio delle pelli. Niente di più facile: bastava indicare il coniglio alla Lola e questa lo tampinava dappertutto per il cortile, nel fienile, nelle stalle, ecc. fino a sfiancarlo completamente e incantonarlo, in attesa che venisse recuperato per le orecchie e messo in gabbia. Una volta ottenute le pelli il bocia si recava da Tugneta dij Pei e le commerciava: 25 Lire per una medio-piccola, 35 Lire per una grande e 40-50 Lire per una con ancora la testa attaccata. La buona Tugneta pelava le teste e con quelle ci faceva il brodo!
Entrambe le nonnine se ne andarono in silenzio e mestamente (come era la loro natura) a "porta inferi" nel '59. Anche la Lola prese la via dell'orto a metà degli anni '60, ma il bocia danà non c'era, perché era stato messo in collegio!