La doma
La doma. Il 26 febbraio del 1959 all'azienda dei fratelli Pavetto veniva assegnato un premio, a sorteggio, di 100.000 lire per l'acquisto di una manza nostrana dalla soc. F.A.T.A relativa alla assicurazione contro la grandine (nel libro ROMANO nel canavese di P. Ramella edito dallo stab. tipogr. ferrero è pubblicata la fotografia dell'evento). La manza, di razza piemontese e pregna di tre mesi, era stata acquistata alcune settimane prima dagli allevatori Bonvin di Mercenasco per 145.000 lire. Questa era "la bela" che sarebbe diventata "il jolly" nella stalla dla cà ad pavat. Per poterla utilizzare come vacca da tiro doveva essere addomesticata e resa adatta al lavoro per cui era necessario sottoporla alla "doma": ossia essere aggiogata e imbardata per l'attacco al carro. Normalmente veniva utilizzata la "barossa" (carro a due ruote con assale ribassato) in quanto più leggera e più agevole nelle manovre. Le vacche mai aggiogate erano alquanto restie e pertanto ribelli al traino pertanto venivano bendate e abbinate ad una vacca più vecchia che fungeva da "maestra". La preparazione della "funzione educativa" avveniva verso sera dopo aver terminate i lavori nella stalla: veniva estratta l'allieva (la bela) e la maestra (normalmente la pastura o la bracca ossia una vacca più vecchia ed esperta) e dopo averle accoppiate con il "zuv" (giogo) mediante i "zuncule" e i "falcule" al timone del carro, la coppia di animali veniva avviata ( la giovane doveva necessariamente essere bendata) con qualche difficoltà per via delle intraversate e delle resistenze della medesima a cui faceva da traino la vecchia) in via S. Maria fino al raggiungimento della provinciale n.56 - viale G. Marconi (appena asfaltato l'anno precedente) che in quell' epoca costituiva il limite sud dell'abitato di Romano (le uniche case sul lato a sud erano la casa Rossi, la cascina Zuccotti (sede della farmacia ora "la rosa antica), il nucleo di case contiguo alla chiesa di S. Solutore e al cimitero e in fine "la ca ad ciarat", sul lato a nord invece esistevano la tipografia (relativamente al primo nucleo), le case della Mainota (Venansio, Geniu e MariaTeresa), la cappella di S. Grato e la villa Bocca). In prosecuzione a via s. Maria si estendeva la strada vicinale sterrata del "castlat" (castelletto) che intersecava la campagna insieme a quella della "croce" e di "briè". Il domatore (il figlio più grande del mezzadro) si insediava in piedi sul carretto a mò di biga con le briglie in mano ed il "gorba" (che sarei io!) davanti alle bestie per ccondurle: una volta attraversata la strada asfaltata veniva tolto il bendaggio ... e aveva inizio il "rodeo": la giovenca partiva a tutta birra per la strada e/o attraverso i campi strattonando la vecchia che faceva da freno: io dovevo correre come un dannato per raggiungere la barossa e riuscire a saltarci sopra. Immaginate che situazione ridicola veniva a crearsi con questo treno che sfrecciava sui prati e sui grani (era febbraio/marzo per cui non si arrecava danni alle colture) e noi che dovevamo tenerci saldamente alle sponde del carro per i rimbalzi sui solchi di "finara" (confini) degli appezzamenti di terreno. Tale era la foga che esprimeva l'allieva che tra corse, sfuriate, salti e intraversate si arriva ben oltre i confini con Mercenasco quasi ai limiti della collina, dopo aver attraversato le zone agrarie di croce sotto e croce sopra, briè, al camplung, al subasta, la masera, la murunera, al quaro, al margol, al marina, al nigra, al burun ed altre zone con denominazioni personalizzate. Una volta sbollita l'esuberanza e raggiunta la sottomissione, con la lingua a penzoloni e con la testa bassa si raggiungeva la strada e mestamente faceva ritorno a "baita". Era da ammirare l'atteggiamento che assumeva la vecchia assecondando le stravaganze della giovane e lasciandole il totale compito di "tirare" il rimorchio fino allo sfinimento. Una volta sbollita l'esuberanza e subentrata la rassegnazione, con il fiatone, le froge dilatate e schiumanti e la lingua a penzoloni si intraprendeva la via di casa: era diventata "una vacca da tiro" e pertanto degna del rispetto delle altre e del ruolo per cui era stata destinata. Tale operazione avveniva ogni due o tre anni con grande divertimento del sottoscritto a cui sembrava di partecipare ad una corsa selvaggia come quelle che si vedevano sui libri di scuola (il sussidiario: di onorata memoria!!!) (n.b. i dati, le date, i nomi e le indicazioni geografiche sono stati dedotti dai diari di Pilin).