Elemento fondamentale dell'occupazione romana di nuovi territori era la ripartizione di vaste aree incolte in fondi agricoli (centurie) da assegnare ai coloni.
Lucius Aeburnius Faustus, uno dei più illustri personaggi di Ivrea, svolgeva appunto il lavoro di "mensor" (agrimensore - geometra attuale) incaricato di tracciare gli allineamenti della centuriazione e di misurare i terreni per gli accatastamenti.
La sua stele funeraria, con la rappresentazione della "groma" costituisce il pezzo più famoso del museo Garda di Ivrea perchè ha rappresentato a lungo l'unica testimonianza per ricostruire il funzionamento di questo importante strumento di lavoro usato dagli agrimensori romani.
La colonia di Ivrea fu dedotta nel 100 a.C., come atto ufficiale di presa di possesso del territorio confiscato ai Salassi in seguito alle vittorie del console Appio Claudio Pulcro.
Il suo territorio, denominato "Pertica di Ivrea" era soggetta alla Gens Pollia, era delimitato dal fiume Po nel tratto compreso tra la confluenza della Dora Baltea e dell' Orco, l' Orco fino all'altezza di Cuorgnè, il crinale che separa la Valgrande di Lanzo dalla valle di Locana, l'attuale confine di stato fra Italia e Francia lungo il crinale alpino, lo spartiacque fra la Val d'Aosta ed il Piemonte, dal Gran Paradiso fino al fondovalle presso Pont S. Martin, da questo punto ossia dalla confluenza del torrente Lys nella Dora il confine doveva salire fin sulla cima del Monbarone per discendere poi verso il Biellese seguendo il corso del torrente Viona, quindi seguiva il crinale della Serra d'Ivrea fin presso il Monte Orsetto e poi la linea delle colline moreniche confinanti il lago di Viverone fino alla Dora, infine la Dora stessa fino al Po: quindi la "Pertica eporediese" confinava a sud-ovest con quella Torinese e a nord-est con quella Vercellese mentre a nord e a ovest con la Gallia, era interamente centuriato, suddiviso cioè in una maglia ortogonale di quadrati di mt. 710 di lato.
Le centurie (materializzate da strade, canali, filari alberi, recinzioni, ecc.) erano orientate secondo un asse Nord-Sud (quello di Ivrea è spostato di 4º verso ovest).
Le linee della centuriazione, in teoria, avrebbero dovuto seguire l'orientamento astronomico, da nord a sud e da est a ovest, anche se, come nel caso eporediese, questa regola non viene sempre seguita alla perfezione. In alcuni casi si tratta di veri e propri errori nel rilevamento dei punti cardinali, in altri si era preferito orientare la centuriazione secondo le strade preesistenti, in altri casi si doveva adottare un orientamento che rispondesse alle caratteristiche morfologiche del terreno allo scopo di razionalizzare la direzione naturale delle acque di scolo e di irrigazione.
Il reticolato delle linee rette tracciate sul terreno formava degli appezzamenti generalmente di forma quadrata di 2.400 piedi di lato, quindi di mt. 710 (più precisamente di mt. 709, 55) e di una superficie di 200 jugeri corrispondenti a 100 heredia (mq. 503.980 circa 50 ha).
Le rette avevano nomi differenti:
- "decumano” = est-ovest
- "cardo" = nord-sud;
l'incrocio fra il cardo maximus ed il decumanus maximus teoricamente corrispondeva al centro della centuriazione denominato "umbriculus".
L'ampiezza delle strade variava in funzione della denominazione:
- maestre = 40 piedi (mt.12 c.a.)
- calles = 8 piedi ( mt. 2,40 c.a.)
Le misure romane usate a base delle misurazioni erano:
- Heredium = doppio iugero (mq. 5039,80 circa 1/2 ettaro)
- Centuria = 100 heredia ovvero 200 jugeri (mq. 503.980 pari a circa 50 ettari)
- Saltus = 4 centurie = 800 jugeri ( mq. 2.025.920 pari a circa 200 ettari)
- Jugero = di mt. 12x24 pertiche di lato (mq. 2519,90)
- Scupula = mq. 38,10 ( pari ad n.1 tavola)
- Pertica quadra = 100 piedi quadri (mq. 8,7)
- Piedre quadro = mq. 0,087
- Actus = 12 pertiche lineari = mt.35,52
- Pertica = 10 piedi (ml. 24,85)
- Passus = ml. 0,74
- Piede = cm. 29,64
- Palmus = 1/4 di piede
(ml.0,0741)
- Cubito = 1,5 piedi ( ml. 0,4446)
Le tracce della sistemazione agricola realizzata in età romana sono ancora ben visibili specialmente nella campagna compresa fra Scarmagno - Romano - Strambino e Mercenasco, dove diverse strade principali e secondarie ripercorrono ancora quelli che erano gli antichi tracciati della viabilità tra le centurie.
La pianura fra Scarmagno (ex Quadrumagnum), Romano (ex Castra Romanorum) e Strambino (ex Castrabina), già dei Salassi, nel 143 a.C. viene invasa dai Romani che lasciarono sul campo circa 5.000 morti. Il console Appio Claudio Pulcro fu costretto a chiedere aiuto a Roma e nel 140 a.C. i Romani sconfissero i Salassi e confiscarono i loro terreni e le "aurifondine" (miniere d'oro).
In queste campagne militari i Romani costruivano accampamenti (castrum) per alloggiare una legione che contava circa 6.000 uomini.
Si ritiene quindi che nel 243 a.C. sia stato costruito il Castra Romanorum, con l'aggiunta del Castra Bina nel 140 a.C.
Con la sconfitta definitiva dei Salassi nel 25 a.C. potrebbero essere sorti gli insediamenti civili di Romano (Castra Romanorum) e Strambino (Castra(m)Bina).
Le consuetudini di occupazione del suolo tipiche del mondo romano non avrebbe comportato l'invio di popolazioni centro-italiche. In sostanza gli antichi abitanti avrebbero continuato a detenere il possesso delle terre però con l'introduzione di nuovi criteri di funzionalità connessi principalmente alla morfologia del suolo e allo scorrimento delle acque oltre alla distribuzione ai coloni dell'agro interessato.
LA VIABILITÀ ROMANA a ROMANO CANAVESE.
La direttrice principale, costituita dall'itinerario Eporedia - Augusta Taurinorum, è riportata nella "Tabula Pentingeriana" con un percorso rettilineo privo di tappe intermedie che pone notevoli dubbi.
Sul suo tracciato effettivo: - esso è variamente identificato con la "via romea" che da Ivrea (Pons Major) passava ad est di Pavone (località Dossi) fino a Romano e Strambino ove deviava verso Carrone, il lago di Candia e Mazzè (il Ponte Copaci) e proseguiva verso Verolengo (Quadrata) e Torino.
- nella strada che partendo dal Ponte Vecchio di Ivrea attraversava la necropoli ai piedi di Monte Navale e raggiungeva l'intersezione con l'attuale S.P. 56 successivamente piegava verso Pavone (località Vicinasco) e la regione Chiusellaro presso la Chiesa di San Giovanni di Quarto (ricordata da fonti come "ad Quartum lapidem apud Eporedia"), Morano, Perosa (ex Petrosa), Scarmagno (ex Quadrumagnum), la chiesa di Sant'Eusebio, Bessolo, Villate e lo scollinamento in corrispondenza di Misobolo.
- nella strada che da Scarmagno, proveniente da S.Martino, va verso Romano e a Strambino si ricongiunge con la strada Ivrea - Mazzè - Quadrata.
- nella Strada che da Perosa (Morano) va verso Romano e prosegue verso Cerone - Realizio - Vestignè (guado sulla Dora a S.Maria di Povigliano) in direzione Vercelli.
La strada che da Torino tende a Ivrea viene descritta come "via Strata" fino a Scarmagno e dopo in "Perearia" da via "Pretosa" in riferimento forse alla presenza di acciottolato (Perearia- Pretosa - Perosa)
A Romano pertanto:
- Viale Marconi segue il tracciato del decumano max del Castra Romanorum.
- Via Valle - Via S.Teresina segue in parallelo a nord il tracciato del decumano max.
- Strada di Vialta segue in parallelo il decumano a sud.
- Via Briè (ex strada comunale di Croce), via S. Isidoro segue il tracciato del cardo max.
- Via S.Grato - Via S. Maria - Via alle Vigne segue in parallelo il cardo ad est.
- Via Croce di Castello - str. com.le di Sottovigne (percorso che attraversava in origine l'area Olivetti) segue in parallelo il cardo a ovest.
Il reticolo stradale interno all'abitato di Romano segue ancora abbastanza regolarmente il reticolo ortogonale legato alla centuriazione.
In corrispondenza dell'incrocio del cardo con il decumano, nell'ambito del "castrum" , veniva eretta l' "ara sacrificale" che in epoca cristiana era sostituita da un edificio religioso come nel caso specifico risultano essere le chiese di S. Solutore sia a Romano che a Strambino.