"La batua dal gran".

"La batua dal gran". Più o meno in questo periodo veniva effettuata la trebbiatura del grano nelle famiglie del paese. Dopo aver effettuata la mietitura delle spighe, la legatura d' le " garbe cun i ligam" , la formazione "dle tapele" (covoni) ed il trasporto a casa con "al car" (carro a quattro ruote) o con "al cartun" (birroccio a due ruote) trainati da una coppia di mucche o da uno o due cavalli in base al carico effettuato - famosi erano i carichi " cun i a sciurciun" che faceva Tunin d' lisandar. Veniva "antaplà s'la travà" perchè "a piaisa 'l bui". La machina par batar al gran" (la trebbia) era composta da un treno di macchinari costituito da una trebbia "ORSI", da una imballatrice e dal trattore "FORDSON Maior" e veviva spostata casa per casa ed era di proprietà di Notu d'la ressia (il padre del dott. Sandrino Ferrero) a cui subentrò negli anni '60 Giuanin dal Ruon: aiutanti fissi erano Vigiu dal Cruata, Pierantonio, Ciecu Bianco e altri. Quando veniva il tuo turno dovevi già aver preparato i fil di ferro per la legatura dei " balot d'la paia" , la stansia dal gran e la travà" dove stivare la paglia. A "ca 'd Pavat" la machina par batar al gran, arrivava verso sera: veniva "piazzata" in sequenza: trattore - trebbia - imballatrice; dal trattore partiva il cinghione che trasmetteva il moto alla trebbia e da questa, con una serie di pulegge e cinghie, alla imballatrice. Al mattino alle ore 5 avveniva l'avviamento: lentamente e poi sempre più velove fino a raggiungere il regime di lavoro: si sviluppava un gran polverone. Nel frattempo erano arrivati tutti coloro che avrebbero aiutato alla trebbiatura: le donne normalmente in cucina a preparare da mangiare o sul "teppul" e sulla balconata della trebbia a sporgere le "garbe", gli uomini alcuni a infilarle nel "batur e a trasportare il grano trebbiato contenuto nella "misura" (era una specie di bussolotto che serviva per misurare la quantità di grano sgranato) nella stanza adibita all'ulteriore seccaggio, altri a servire l'imballatrice mediante l'infilamento delle "gücie" e dei fil di ferro per la legatura dei balot di paglia ed il loro trasporto allo "staval o travà" dove veniva impilato. Il rumore era caratterizzato da una "wruon" quando veniva immesso il manipolo nel "batur e dal supatapaia d'la trebia"; " l'ambalatris " era la curiosità dei ragazzini sopratutto per il movimento del carrello e del collo d'oca del compattatore che aveva un movimento oscillante. Il tutto - sotto stretta sorveglianza del padrone e del trebbiatore - durava dalle sei circa del mattino fino alle tre del pomeriggio (i Pavat avevano circa 20 giornate di frumento) in un "tuf" (afa) micidiale e in una nuvola continua di polvere che, complice il sudore, ti si appiccicava addosso come fosse cipria. Verso mezzogiorno il ritmo veniva rallentato al fine di consentire - a rotazione - una pausa per darsi una rinfrescata e poter rifoccillarsi con un piatto di minestrina in brodo, pane, salame, formaggio, un frutto ...ed un bicchier di vino. Ultimate tutte le operazioni di trebbiatura, i macchinari venivano smontati e trasferiti in un altro "sim" per un nuovo "piazzamento". Alla sera veniva servita "la seina d'la batua": festa granda!!! vi partecipavano tutti coloro che avevano lavorato e aiutato e la parentela più stretta: era una cena sontuosa con numerose portate che variavano da casa a casa in base alle caratteristiche delle famiglie. A ca ad Pavat avveniva nella cucina vecchia del "masuer", vi partecipavano venti - venticinque persone e veniva servito un menù tipicamente "veneto": antipasto di salam - pansetta - bungiola, sausisot coit ma freid; poi il "risotto con le mosche" ( era la specialità della moglie del mezzadro - le mosche erano i fegatelli del cappone e del coniglio che sarebbero stati serviti come secondo - cappone ripieno lesso ed il coniglio arrosto in tecia, contorni vari, formaggio, frutta di stagione e dolce (normalmente "la fugassa"). Il tutto innaffiato da buon vino casalingo che non mancava mai (acqua poca perchè faceva venire le rane nella pancia!) e da caffè e pussacaffè. Pilin (prospero pavetto) era solito offrire i torcetti di Pinot d'la ca neuva ed un bicchierino di passito della vigna del "munfiard" (località sita in regione Bubiass ma in comune di Strambino). Verso mezzanotte, stanchi ma felici: tutti a nanna!!!

Privacy Policy

Cookie Policy

linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram